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Come e perché la terotecnologia può salvare i nostri ponti

La terotecnologia dei ponti: criteri per definire DOVE e QUANDO intervenire COME farlo e con QUANTO denaro

La scienza della manutenzione funzionale ai suoi livelli più bassi. Il riscatto possibile

Cosa è la terotecnologia e perché è in crisi

Oggi in Italia la gestione delle strade esistenti e la costruzione di strade nuove è in profonda crisi. Si sono dimenticati (o forse non si sono mai approfonditi) i principi informatori moderni del mantenimento funzionale di queste infrastrutture (sintetizzato dai giapponesi con due ideogrammi della figura 1) confluito poi anche nella gestione degli allargamenti e delle nuove costruzioni. Queste metodologie sono state messe a punto nel periodo d’oro della gestione stradale (dovrei dire “autostradale”) da parte dell’IRI, libera da vincoli economici prima della vendita ai privati e, soprattutto, da vincoli formali sulla manutenzione che oggi rallentano le innovazioni, sempre necessarie, in questo settore.

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Figura 1 – La sintesi orientale della terotecnologia 

In nome di una trasparenza al servizio del nulla si sono moltiplicate inutilmente le regole della gestione pubblica. Inutilmente perché chi è disonesto senza norme, continua ad esserlo anche se queste ultime si moltiplicano per 200. Risulta quindi difficile affidare i lavori ai migliori esecutori che sono spesso equiparati ad aziende senza conoscenze ed esperienze.
Ne parlo con rammarico, essendo quello che negli anni 80 ha teorizzato e sviluppato per primo la terotecnologia per le strade, in uso da tempo invece per gli impianti industriali tradizionali. Lo sviluppo era correlato alla gestione delle infrastrutture a pedaggio, che dovevano essere tutelate e mantenute in modo da non turbare il cliente pagante ed offrigli sempre innovazioni al passo coi tempi, per fargli usare al meglio l’eccellenza delle strade.

Faccio prima un riferimento agli aspetti tecnici per comprendere meglio gli assunti: gli sviluppi possibili politico-burocratici, non ci sono stati perché il legislatore (e i suoi esecutori) non ha intrapreso la strada della innovazione permessa per superare le bufere degli anni 90, ma si è avvalso di esperti per rendere sempre più complessa l’applicazione degli appalti pubblici usando anche esperti molto preparati per “impedire” qualsiasi meccanismo alternativo, come la Somma urgenza che nel passato era stato usato non sempre in modo corretto a onor del vero, ma che spesso ha permesso di intervenire tempestivamente evitando guai peggiori.
Questa perfetta macchina legislativa, basata sulla sfiducia verso tutti, ha impedito ogni “ trucco ” ma anche ogni lavoro, per cui, per riprendere a costruire opere pubbliche si è dovuti passare ai sistemi ”esterni” cioè allo strapotere del General Contractor a cui sono state affidate tutte le decisioni operative ed i cui effetti si vedono oggi a dimostrazione dell’assunto precedente sull’onestà. Comunque si sente già la sua mancanza a dimostrazione del detto che il peggio non è mai morto. Paradossalmente la terotecnologia applicata dalla Pubblica Amministrazione avrebbe mitigato o impedito certi comportamenti, ma questo non è stato compreso ed il suo mancato sviluppo ha portato al degrado nel mantenimento delle strade esistenti, ed alla produzione di strade nuove costosissime e per di più degradabili rapidamente, come vedremo.

La terotecnologia stradale è stata da me teorizzata ed applicata a partire dagli anni ottanta, quindi una metodologia moderna, ma in effetti essa è molto antica e ne vediamo continui esempi eccellenti nel campo della trasformazione dei manufatti nel corso dei secoli; un esempio estremo è quello delle trasformazioni dei templi pagani in chiese cristiane, come il Pantheon, spiegato nella sopravvivenza come continuità “funzionale”: si tratta sempre di luoghi di culto. Esistono altri esempi dove la funzione viene cambiata, come per il Mausoleo di Adriano, da sepoltura a fortezza, prigione, palazzo “sicuro” fino alla funzione museale di oggi.

Ognuna di queste variazioni terotecnologiche storiche ha in comune l’utilizzazione proficua di un bene esistente altrimenti destinato all’obsolescenza prima ed alla rovina poi.

La moderna terotecnologia si applica anche ad usi meno nobili e di più immediata comprensione di quelli etico-religiosi descritti, ma la sua funzione non è meno proficua per la collettività perché, oltre a preservare con prevenzione i beni esistenti, per gli interventi migliorativi previsti di tipo B della figura 2, crea innovazione e quindi lavoro qualificato, distribuito sul territorio ed esportabile in altre nazioni che non lo conoscono.

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Figura 2 – Le fasi delle azioni manutentive guidate dalla misura di parametri tecnici, indicatori dello stato del bene.

Come funziona infatti la terotecnologia

Interviene sul manufatto, preventivamente alla sua rottura o cessazione di funzionamento, e lo adegua alle esigenze del momento (sia mantenendo la destinazione di uso, sia cambiandola o arricchendola) (vedi tabella 1).

Tabella 1 – La terotecnologia stradale

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Negli ultimi 30 anni questa metodologia ha funzionato ed ha portato alle innovazioni che rammenterò brevemente nel seguito di questa nota.

Però la terotecnologia, prorompente negli anni della gestione autostradale ricordata all’inizio, non si è mai diffusa in altri ambiti e, soprattutto, non è stata spiegata nelle università alle nuove generazioni. La scuola universitaria non si è sviluppata in questa direzione innovativa che gestisce le opere che già esistono e che si degradano sia strutturalmente che in termini di obsolescenza tecnica e continua a sfornare tecnici preparati per fare opere nuove e non per conservare l’esistente migliorandolo. I corsi formativi dovrebbero comprendere l’ibridazione delle conoscenze dei criteri di calcolo con quelle dei materiali che realizzano i progetti non disgiunta dai loro comportamenti reali nel tempo e dalle condizioni di funzionamento del bene da mantenere. Per usare una metafora comprensibile, arrivare alla specializzazione che la medicina ha avuto nel campo della gerontologia: il trattamento specialistico di organismi invecchiati.

La pubblica amministrazione poi ha subito un trattamento devastante di tipo doppio. 

  1. È stata distrutta sistematicamente nelle strutture destinate alle strade con il distacco di strade statali verso Regioni che poi le hanno affidate, per manifesta incompetenza, alle Province che ora scompaiono e spostano i gestori che ancora resistono di nuovo alle Regioni che finiranno di estinguerli.
  2. Per le strutture centralizzate, ancora funzionanti per antica consuetudine, non ha completato la fase di passaggio da manutenzione - gestione classica (riparare) a quella terotecnologica (prevenire e migliorare) ed ha scelto altre vie, ad essa antitetiche che meglio vedremo nel seguito.

In questo quadro, anche per opere di riqualificazione che avrebbero fruito al meglio della scienza di cui si parla, ha prevalso la teoria del rinnovo integrale che poi è diventata prassi, anche a fronte della semplificazione dell’intervento suddividibile sostenzialmente in due fasi “elementari”: 

  1. demolizione senza attenzioni particolari; 
  2. ricostruzione integrale.

Complice anche il vantaggio economico che ne conseguiva per le imprese generali che per un periodo hanno avuto libera le gestione delle lavorazioni. Questo fatto, a mio parere, ha dato e da più spazio ai vantaggi immediati dei realizzatori e deprime quelli globali, vantaggiosi nel lungo periodo per la collettività.
Ricordiamo allora, in una rapida carrellata, quali risultati ha conseguito questa tecnica operativa nei suoi diversi campi di applicazione, alcuni dei quali consolidati dall’uso e sviluppati spesso solo nelle nuove costruzioni. Parleremo poi con maggior dettaglio del settore dei ponti, attualmente quello che corre dei rischi obiettivi per le conseguenze di un degrado non compensato adeguatamente con la manutenzione.

Alcuni risultati operativi ottenuti con la terotecnologia stradale nel settore delle pavimentazioni

La terotecnologia è nata proprio per le pavimentazioni ed in esse ha avuto i suoi primi sviluppi. Le pavimentazioni sono la struttura più usata dagli utenti stradali che interferiscono con essa molto più che con le altre strutture della strada, che spesso non sono neppure visibili all’utilizzatore. Il suo stato interferisce sempre sia sulla sicurezza del viaggio che sul suo conforto.

Le pavimentazioni poi sono quelle strutture che, se mal realizzate, hanno una durata di vita strutturale “a fatica” considerevolmente minore della altre, quali le gallerie ed i ponti, perché, tra l’altro, funzionano, cioè permettono il transito anche se “rotte”. Tutti noi guidiamo ogni giorno su pavimentazioni “sfondate” che in caso di pioggia si costellano di pozzanghere e rendono il transito molto disagevole e pericoloso, ma comunque lo permettono. Un esempio tipico dell’assunto sono le pavimentazioni della città di Roma, un tempo ispiratrici di tutte le strade moderne ed oggi destinate a funzionare da “rupte”. 

Le metodologie della terotecnologia hanno sviluppato:

  • i parametri indicatori atti a decidere scientificamente lo stato in essere delle pavimentazini dal punto di vista della sicurezza e comfort e per tracciarne il degrado nel tempo, riassumibili nell’aderenza, la portanza, la regolarità e la rumorosità emessa e le attrezzature ed i metodi per eseguire a loro misura in modo automatico e su tutte le loro superfici;
  • le tecniche di riparazione specializzate per mantenerle al meglio oppure per migliorarle.

L’esempio più chiaro di questo concetto è quello dei conglomerati drenanti e fonoassorbenti che ormai sono ampiamente diffusi e spesso sostituiscono i tradizionali strati di superficie (interventi di tipo B della figura 2).
Le macchine ed i metodi si sono talmente evoluti che oggi è possibile costruire o mantenere pavimentazioni già costruite sulla base di lavori retti da Capitolati Prestazionali  che permetterebbero il pagamento solo di strutture ben eseguite e verificate in ogni loro punto, in base appunto alle prestazioni globali che forniscono, ma che non sono quasi mai utlizzate in questo modo, in quanto in fase di abbandono.

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Figura 3 – Le macchine che misurano la portanza delle pavimentazioni e del loro supporto.

L’avvento delle macchine per la misura della portanza senza azioni distruttive, puntuali come il FWD Falling Weight Deflectometer, o continue a 80 km/h come il TSD (Fig. 3) permetterebbero lo sviluppo nell’uso operativo proprio perché questa misura di vita utile strutturale non richiede più alcun condizionamento del traffico stradale per esplicarla.

La messa a punto di questo tipo di valutazioni ha permesso dapprima di effettuare la programmazione degli inerventi nelle zone critiche individuate con i parametri tecnici ricordati e successivamente di passare alla gestione in Qualità della pavimentazione. Con quest’ultima, tramite Indicatori di Prestazione (I.P.) numeri puri connessi alla diffusione sui tratti da mantenere dei diversi livelli di Qualità (da ottimo a scarso) dei parametri tecnici misurati, si è in grado di stabilire il costo nel raggiungimento di un prefissato livello Qi o che livello si può raggiungere se si dispone di una certa cifra. 

Si ottiene così dalla terotecnologia un criterio completo di gestione tecnico economica in sicurezza delle attività di mantenimento della pavimentazione.

Non mi dilungo di più su questo settore; l’ho delineato nei suoi punti principali perché tutte le parti ed i servizi della strada possono essere gestiti allo stesso modo, naturalmente con gli opportuni parametri e metodi per la loro misura, la più efficace possibile dalla Qualità del Servizio reso all’utenza a quella che più ci interessa, la Qualità in Sicurezza dei ponti e viadotti nella loro interezza.

Non mi illudo più di tanto che esso possa essere adottato con la decisione e la completezza necessarie perché constato che il suo impiego anche nel settore completamente sviluppato in tutti i suoi aspetti per le pavimentazioni, come ricordato, è tutt’altro che diffuso in Italia, a dimostrazione della tesi di questo articolo. Eppure siamo il paese con la maggior percentuale di strade sfondate per manifesta carenza di conduzione, sia in nuove realizzazioni che su strade esistenti. Le amministrazioni urbane, per esempio, si interrogano ancora su come riparare le buche piuttosto che su come non farle venire.

La terotecnologia per le altre strutture della strada

I settori con sviluppi avanzati

Si gestiscono in modo preventivo alle rotture con i miglioramenti funzionali, per esempio, sia le gallerie che le opere in terra della strada, comprensive delle condizioni di stabilità geotecnica per non parlare delle opere in verde gestite con i criteri fitotecnologici avanzati. Le tecniche, sia degli interventi innovativi che degli indicatori sono state messe a punto negli anni ricordati in nota 1. 

Per le gallerie, specialmente quelle costruite negli anni ’60-’70, spesso con calcestruzzi di bassa resistenza che si diluivano al massimo perdendo ulteriore durabilità proprio nella zona in chiave delle riprese di getto, sono stati sviluppati sistemi di rilevamento sempre più sofisticati e tecniche di ripristino veloci ed a basso costo che hanno evitato per anni le pericolose cadute (non strutturali) di elementi lapidei di dimensioni anche contenute sui veicoli in transito. Parlo delle placcature in reti inox collegate con chiodi alle volte stesse (tecnica dei microarchi) che insieme alle captazioni localizzate con canalette in plastica dei giunti e delle zone permeabili all’acqua hanno messo in sicurezza decine e decine di tunnel ancora oggi senza sorprese di cedimento. 
La geotecnica ha messo a punto una serie di sistemi di previsione dei cedimenti (Fig.4) che permettono di intervenire in prevenzione quando i costi di intervento sono più bassi e non si corrono pericoli di crolli improvvisi.

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Figura 4 – Immagine tratta dal Manuale di sorveglianza Geotecnica con i criteri di valutazione basati sui voti. 

Nella figura 4 sono riportati i criteri con cui si danno voti sulla stabilità dei pendii franosi in base alle indicazioni del Manuale di Manutenzione Getecnica del Progetto ANIDRO nei quali si usano gli stessi criteri soggettivi guidati, usati come vedremo per i ponti ed i viadotti per cui sono stati concepiti in prima istanza, ma anche misure precise delle velocità di movimento della frane nei punti monitorati; questi criteri basati all’epoca con metodi tradizionali di misure inclinometriche, sono diventati sempre più sofisticati fino a quelli basati sulla interferometria satellitare che può rilevare i movimenti con maggiore facilità. Iniziata, ma non decollata nel mio periodo di permanenza in ANAS. Ne riparleremo per i ponti.

La fitotecnologia stradale permette di stabilizzare i terreni e pulire l’ambiente con piante specializzate e tali da vivere senza troppe cure nell’ambiente stradale, spesso arido e molto aggressivo per il verde; ha avuto un forte sviluppo all’epoca delle valutazioni dei crediti per l’abbattimento della CO2. Le diverse finalità gestite correttamente in una strada moderna sono riassunte in figura 5.

Le funzioni del verde terotecnologico

Figura 5 – Le funzioni del verde terotecnologico

Una attenzione particolare è stata dedicata agli "accessoristradali quali la segnaletica e, soprattutto, le barriere di sicurezza, per le quali tra l’altro, si sono evidenziate le carenze strutturali e di funzionamento di alcuni tipi con indicazioni operative per la loro eliminazione  che non dettagliamo in questa sede per la loro dimensione che richiede una trattazione specifica e che comunque ha reso, e continua a rendere, la nuova scienza “barrieristica” italiana studiosa dei fenomeni totalmente dinamici al top della tecnica mondiale, sia per criteri progettuali che per campi prova di crash test per la loro verifica al vero.

Il campo prove al vero AISICO  di Pereto (AQ).

Figura 6 – Il campo prove al vero AISICO  di Pereto (AQ).

Tutti questi settori della strada sono stati affrontati e definiti con le regole generali e specifiche del Quando - Dove - Come intervenire di Tabella 1, ma il settore che oggi richiederebbe fortemente questo tipo di gestione ma che manifesta in modo pericoloso le carenze di applicazione lamentate è quello delle “opere d’arte” per antonomasiia: i ponti ed i viadotti.

Ponti e viadotti stradali italiani

Sui ponti mi dilungo di più perché sono quelli che in questo momento corrono più pericoli; e nel loro caso non esiste il funzionamento da “rotti”, che è possibile e praticato fin troppo per le pavimentazioni. Molti ponti sono stati costruiti negli anni 60-70 del secolo scorso ed hanno quindi caratteristiche di degradabilità particolari (come vedremo per il precompresso – Tabella 2) che necessitano di interventi specifici, comunque tutti risolvibili con le tecniche terotecnologiche messe a punto nel tempo.

Sinteticamente la terotecnologia ha definito (non nell’ordine logico che riporto, ma per balzi successivi):

  1. i criteri di valutazione delle necessità di intervento 
  2. i metodi per demolire selettivamente le parti degradate;
  3. i materiali per la ricostruzione durevole e per la protezione aumentata. 

Valutazioni

Per i ponti occorre valutare principalmente la condizione dei giunti di dilatazione, che sono l’ingresso degli agenti degradanti delle pile; lo stato degli apparecchi d’appoggio e delle condizioni di resistenza ai terremoti.
Lo stato dei copriferri che si carbonatano è la degradazione più evidente e meno subdola sulla resistenza strutturale. Una attenzione particolare va fatta per le opere che hanno accumulato elevato numero di sollecitazioni da traffico pesante, tali da intaccare in modo imprevisto – anche in relazione al tipo di struttura - le riserve di resistenza a fatica degli acciai che all’epoca del progetto erano state considerate non raggiungibili e che possono essere ridotte dalla corrosione e dalla tenso corrosione, fenomeni questi ultimi non conosciuti abbastanza anche oggi dagli strutturisti puri che non hanno idee ben chiare sul tipo e sugli effetti delle diverse corrosioni possibili .

Demolizione preparatoria

Sulla demolizione selettiva si sono messi a punto strumenti sofisticati sia per il raggiungimento dei punti su cui intervenire che per demolire piccole parti di elementi degradati, fino alla idrodemolizione selettiva (figura 7) per resistenza: si elimina automaticamente il solo calcestruzzo di resistenza inferiore ad un dato valore prefissato.

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Figura 7 – Schema ed immagini delle idrodemolizioni selettive su parti diverse dei ponti.

Questa tecnica ha permesso il rifacimento delle solette nate senza protezione impermeabilizzante e, negli anni 80-95, ha fatto meravigliare il mondo tecnico delle manutenzioni dei ponti. Ricordo che ad essa seguivano ricostruzioni con le malte reoplastiche ricordate, in alcuni casi come una tecnica veramente innovativa, poi abbandonata per i costi eccessivi del P.I.C. il Polymer Impregnated Concrete che faceva polimerizzare all’interno della pasta di cemento il PMMM polimetilmetacrilato meglio noto come Plexiglass, inattaccabile dagli agenti stradali e climatici. Naturalmente di tutte queste tecniche complesse sono scritte le Norme Tecniche esecutive ed i prezzi formulati per ottenere la massima resa con il minimo costo.

Interventi

Le azioni manutentive terotecnologiche sui ponti avevano (ed ancora in qualche caso hanno) tre livelli  

  • riparazione integrale con eliminazione delle azioni di degrado su tutto il ponte fino al cambio della struttura – ponte integrale o semi integrale
  • riparazione selettiva diffusa con mantenimento della struttura
  • riparazioni mirate ai soli punti pericolosi (come la riparazione delle travi in CAP)

La riparazione integrale o semi integrale è la più efficace per interrompere i processi di degrado più aggressivi che sono quelli che interessano i bordi trave e le pile; naturalmente non sono efficaci contro la carbonatazione che necessita di protezioni ben definite, ma la ritardano comunque sulle pile o ne rendono meno gravi le conseguenze strutturali. Tutto ciò è ampiamente definito negli studi condotti nel 2014 in Anas in collaborazione con l’Università di Venezia IUAV che raggruppano tutte le esperienze effettuate nei decenni precedenti e le sistematizzano in azioni definite e valutate anche dal punto di vista economico. La soluzione tecnico economica migliore è, a mio parere, quella del ponte semi integrale schematizzato nelle Figure 8.

Schema di trasformazione dei ponti con eliminazione dei giunti.  

Figura 8 – Schema di trasformazione dei ponti con eliminazione dei giunti.  

La catena cinematica ricordata fu usata per la prima volta sulla Napoli Canosa negli anni 90; essa elimina il degrado del giunto sulle pile (l’89% dei degradi dei ponti) elimina il rumore impulsivo del giunto generato dai passaggi e sommamente fastidioso per l’ambiente perché difficilmente abbattibile, è antisismica di tipo reversibile (dopo il terremoto funziona ancora) nelle applicazioni successive.

Uno dei più importanti risultati della terotecnologia stradale applicata ai ponti è stata, a partire dagli anni 90 del secolo scorso, la loro trasformazione da strutture “normali” ad antisismiche con diversi livelli di affidabilità, dalle prime applicazioni che hanno sostituito i fermi sismici a distruzione (presenti per esempio nell’autostrada Napoli Canosa e che hanno resistito al sisma dell’Irpinia) ai collegamenti degli impalcati “a dissipazione di energia“ mono funzionali fino a quelli di tipo reversibile che dopo il terremoto non lasciano danni che impediscano la fruizione del ponte (Figura 9). Lo sviluppo successivo, sempre su opere esistenti con ridotte trasformazioni operate sotto traffico, come è consuetudine della terotecnologia, è stato quello dell’adeguamento allo stesso livello di affidabilità di tutti i ponti presenti in tratti funzionali di strade di primaria importanza. Nella figura 9 si riporta la situazione, alla fine degli anni ’90 con l’appennino irpino completamente adeguato insieme con il Bologna Firenze e l’autostrada della Carnia.

Retrofitting dei ponti autostradali

Figura 9 – Retrofitting dei ponti autostradali

Con la stessa operazione, oltre ad adeguare la durabilità delle opere alle azioni di degrado, di traffico, del clima e dei sali disgelanti era servita a renderle resistenti senza danni al terremoto con tempo di ritorno superiore ai 500 anni. 
La tecnologia dei dispositivi a dissipazione è stata esportata con successo in tutto il mondo negli anni successivi, con particolare sviluppo nei paesi ad alto pericolo sismico come la California, il Giappone, la Cina ed altri. 

L'articolo continua con la trattazione dei seguenti paragrafi:

ATTUALI AZIONI SUI PONTI STRADALI
La “civiltà” dell’usa e getta
Conseguenze dell’abbandono della manutenzione terotecnologica
POSSIBILITÀ DI RISCATTO - TEROTECNOLOGIA PER LA GESTIONE DELLE RETI DI PONTI
Le normative cominciano a considerare le opere esistenti 

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